Il Napoli oggi compie 80 anni. Ricordiamo brevemente le pagine più importanti della sua storia da Vojak e Sallustro a Diego fino ad arrivare a Calaiò.
I primi anni: Ascarelli, Vojak e Sallustro
Prima del 1926 le imprese più importanti del calcio campano erano legate al Savoia di Torre Annunziata che aveva addirittura sfiorato il titolo nazionale fermandosi solo nella finale disputata contro il Genoa.
Giorgio Ascarelli, giovane industriale napoletano e presidente dell'Internaples, si era reso conto che ormai il football stava diventando un fenomeno che avrebbe appassionato le folle come null'altro fino ad allora ed il 1° agosto del 1926 fondò la nuova squadra di Napoli cui il nome di Associazione Calcio Napoli.
I progetti furono subito ambiziosi, si partì da mister Garbutt, classico allenatore inglese che aveva vinto due scudetti con il Genoa nel 1924 e nel 1925 e - soprattutto da Attila Sallustro "il Veltro". Sallustro proveniva da un'agiata famiglia e suo padre - quando seppe che avrebbe giocato a calcio in Italia - gli impose l'obbligo di non guadagnare nulla dall'attività sportiva.
Sallustro mantenne la promessa fin che fu possibile; il Napoli lo gratificò regalandogli una lussuosa vettura, cosa che all'epoca destò un enorme scalpore.
Fu edificato - finalmente - uno stadio vero il "Vesuvio" in grado di accogliere le migliaia di sostenitori della squadra che intanto decisero - viste le modeste prestazioni dei ragazzi in maglia azzurra - di togliere dallo stemma della società l'originario cavallo rampante sostituendolo con un modesto somaro. Da allora "'o ciucciariello" divenne per Napoli e per il mondo del calcio l'emblema della squadra partenopea.
Ascarelli morì in giovane età senza poter raggiungere i traguardi ambiziosi che si era prefissato, lo stadio gli fu intitolato a furore di popolo ma le leggi razziali gli tolsero anche quella "soddisfazione postuma". l'Italia entrava nel baratro della guerra e ben pochi avevano ancora voglia di pensare al pallone in una città squarciata dai bombardamenti che non risparmiarono neanche lo stadio sotto le cui macerie rimase anche la storia avventurosa di quei primi anni di grande calcio a Napoli.
Tornando alle cose prettamente sportive è da ricordare che l'esordio del Napoli nel Campionato italiano fu quanto meno disastroso: un solo punto in tutta la stagione, ma Ascarelli riuscì a convincere i dirigenti nazionali a non rinunciare al patrimonio che il Napoli e Napoli rappresentavano per il calcio italiano.
Nel campionato 1928-29 Sallustro segnò 22 reti portando il Napoli al nono posto della classifica.
Alla vigilia del primo campionato di serie A a girone unico il Napoli si rinforzò ingaggiando Vojak e il già citato "mister" William Garbutt chiudendo il torneo al quinto posto.
Nel campionato 1932-33 Sallustro segnò 19 reti e Vojak 22; Il Napoli arrivò terzo a pari merito col Bologna e nel campionato succesivo fu ancora terzo qualificandosi per la Mitropa Cup, la massima competizione europea di quei tempi. Al primo turno il Napoli incontrò l'Admira Wien: A Vienna finì 0-0 a Napoli 2-2. Alla "bella" vinsero gli austriaci per cinque a zero.
Nel 1935 la società fu rilevata da Achille Lauro che svendette subito tutti i giocatori più importanti. Sallustro da centravanti diventò ala segnando sempre meno reti. Al termine del campionto 1936-37 il Napoli cedette Sallustro alla Salernitana.
Senza più campioni il Napoli retrocesse in Serie B al termine del campionato 1941-42.
Gli anni 50: Jeppson e Vinicio
Nel 1946 con la fine della guerra riprende il campionato: il Napoli torna in Serie A ma al termine del campionato 1947-48 retrocede ancora.
Ci vorranno due anni per risalire la china.
Lauro in vista della stagione 1952-53 acquista dall'Atalanta il centroavanti svedese Hasse Jeppson.
Jeppson si era messo in mostra ai mondiali del 1950 svolti in Brasile, pareva dovesse finire all'Inter, ma per l'allora stratosferica di centocinque milioni di lire fu ingaggiato dal Napoli col quale disputò cinque campionati; I tifosi coniarono per lui il soprannome (scontato) di "'o Banco 'e Napule".
Nel 1955 arrivò Luis Vinicio ('o Lione) che affiancando Jeppson in attacco diede vita alla coppia "H-V". Purtroppo questo eccelso binomio non diede al Napoli i frutti sperati, anche perché poche furono le occasioni nelle quali i due campioni vennero schierati insieme in formazione.
Tra le poche "imprese" del Napoli di quegli anni ci sono le due vittorie contro la Juventus nella stagione 1957-58: all' andata a Torino finì 3-1 per il Napoli grazie alle parate fenomenali di Bugatti. Charles dopo la partita disse se non fosse stato per Bugatti avremmo vinto 7-3. Al ritorno, comunque, il Napoli vinse 4-3.
Un altro indimenticabile campione di quei tempi fu il "petisso" Pesaola che anche come allenatore ha lasciato una traccia indelebile nella storia della società.
Nel 1960 quando Vinicio sembrava a fine carriera ed ormai in decadenza, il Napoli cedette il brasiliano al Bologna; a smentire quella "decadenza" ci pensò Vinicio stesso vincendo la classifica dei marcatori del 1965-1966 con il Vicenza.
Nella stagione 1960-61 dopo un buon avvio - (8 punti in 5 partite) - il Napoli crolla e retrocede nuovamente in serie B.
1962: La prima Coppa Italia
Per ritornare in A, Lauro pretese di costruire una formazione in grado di competere con le migliori: "un grande Napoli per una grande Napoli" fu il suo slogan, ma il campo gli diede torto; la squadra non sembrava essere in grado di raggiungere la meta della promozione fino a quando fu chiamato ad allenarla Bruno Pesaola il "petisso" che da "Mister" rimase famoso anche per il suo immancabile cappotto di cammello e per l'inimitabile sagacia tattica. Con lui in panchina il Napoli risalì la china fino a raggiungere la promozione.
La stagione si chiuse trionfalmente con la conquista della Coppa Italia ottenuta battendo in finale la S.P.A.L. di Ferrara. Il Napoli passò subito in vantaggio con Corelli al 12°; la Spal pareggiò al 15° con Micheli ma Ronzon al 79° portò definitivamente in vantaggio gli azzurri regalandogli così il loro primo trofeo. Il Napoli resta l'unica squadra nella storia del calcio italiano ad aver vinto la Coppa Italia militando in serie B.
Gli anni 60: Sivori, Altafini e Juliano
Nel 1962-63 il Napoli riesce a raggiungere i quarti di Coppa delle Coppe dove viene eliminato alla "bella" dall' OFK Belgrado per 3-1. In campionato la squadra retrocede ancora, Dovrà attendere due anni per tornare in Serie A al termine del campionato 1964-65.
Per lo spregiudicato armatore Achille Lauro il Napoli era un fiore all'occhiello da mostrare con orgoglio, specie in periodo elettorale, e per costruire una buona squadra in vista del campionato di A 1965-66 prelevò Omar Sivori della Juventus e Josè Altafini dal Milan; insieme a loro cominciò a distinguersi il giovanissimo centrocampista Antonio Juliano, che per i successivi 18 anni sarà l'indiscussa bandiera del Napoli.
I risultati sono lusinghieri: nel 1965-66 è terzo, vincendo la Coppa delle Alpi, nel 1966-67 quarto e nel 1967-68 secondo ma, nonostante l'impegno di quei campioni e dei tanti ottimi giocatori che furono in squadra con loro, il titolo di Campioni d'Italia restò un sogno nel cassetto.
Altri giocatori da ricordare di quel periodo furono Angelo Benedicto Sormani, Faustino Jarbas Canè, Kurt Hamrin, e Dino Zoff, subito soprannominato l'angelo azzurro.
Gli anni 70: Ferlaino, Vinicio e Savoldi
Gli anni della Presidenza di Lauro regalarono ai tifosi più illusioni e delusioni che risultati degni di nota.
Nel 1969 con grande abilità e poca spesa Corrado Ferlaino assunse la presidenza di una società sull'orlo del dissesto finanziario. Nei suoi primi anni di dirigenza, pur dimostrando carattere e testardaggine fuori dal comune, Ferlaino non poté garantire al Napoli la possibilità di lottare per grandi traguardi badando in fase di calciomercato più alla cessione di pezzi pregiati che all'acquisto di giocatori di prima scelta, emblematico il caso di Claudio Sala ceduto senza aver potuto dimostrare il proprio valore. Il pubblico però ripagava la società garantendole incassi impensabili anche per le squadre più titolate e questo fattore fu determinante per invertire la rotta.
Quando sulla panchina del Napoli arrivò Luis Vinicio, la società cominciò ad investire acquistando giocatori di buon livello e valorizzando giovani talenti (Bruscolotti, Vavassori, La Palma, Salvatore Esposito ed altri) e i risultati non si fecero attendere, nel 1975 il Napoli arrivò al secondo posto dietro la Juventus per soli due punti, perdendo la sfida decisiva di Torino grazie ad un gol in zona Cesarini dell'ex Altafini, da allora soprannominato "Core 'ngrato"
Il colpo di mercato che ingigantì le speranze di gloria dei tifosi azzurri arrivò nell'estate del 1975 quando per l'allora stratosferica somma di due miliardi di lire fu ingaggiato dal Bologna il centravanti Beppe Savoldi detto "BeppeGoal".
La squadra, reduce dall'amaro secondo posto, non fece meglio nelle stagioni successive, ma nel 1976 conquistò la seconda Coppa Italia battendo in finale per 4 a 0 l'Hellas Verona nella finale dell'Olimpico, poi battendo il Southampton il Napoli si aggiudicò anche la Coppa di Lega Italo-inglese.
Nella stagione successiva l'obiettivo del raggiungimento della finale di Coppa delle Coppe (allenatore Pesaola) fallì dopo un'immeritata sconfitta in semifinale contro l'Anderlecht in una gara pilotata letteralmente a senso unico dall'arbitro Matthewson.
Gli anni settanta si chiusero senza altri sussulti né grandi soddisfazioni. La parola "Scudetto" continuava ad essere solo una chimera per i sostenitori azzurri ma il decennio successivo li avrebbe appagati con trionfi ancor oggi irripetibili.
I primi anni 80: Krol, Bertoni e Diego
All'inizio degli anni ottanta, con la riapertura delle frontiere ai giocatori stranieri, giunsero in Italia fior di campioni (ed anche qualche "bidone").
Il Napoli, tradizionalmente, aveva avuto nelle sue file ottimi giocatori non italiani (Sallustro, Vojak, Sivori, Jeppson, Hamrin, Cané, Clerici); per mantenere viva la tradizione fu ingaggiato dal Vancouver Ruud Krol.
Già campione d'Europa con l'Ajax e pilastro difensivo della grande Olanda dei primi anni settanta, Krol era un libero sopraffino capace di aprire il gioco con lanci lunghissimi e di estrema precisione.
L'entusiasmo attorno alla squadra portò nuovamente i tifosi a sognare la "grande impresa" ma a parte un terzo posto nella stagione 1980-81 (allenatore Rino Marchesi) e un quarto posto nella stagione 1981-82 lo Scudetto restò lontano da Napoli nonostante Krol e altri stranieri di valore quali Ramon Diaz, José Dirceu e Daniel Bertoni.
I due campionati successivi furono coronati da "batoste" e delusioni e la serie B fu evitata in modo quasi rocambolesco. Ma il 27 maggio del 1984 la prima pagina della Gazzetta dello Sport mandò in visibilio i supporters azzurri: "Maradona, sì al Napoli". Quel titolo accese le fantasie di una intera città. Fantasie che presto si trasformarono in stupenda realtà.
L'epoca di Maradona
Maradona con la maglia del NapoliOltre un mese di febbrili trattative che tennero col fiato sospeso un'intera città, poi la favola si trasformò in realtà: Diego Armando Maradona era ufficialmente del Napoli ed il 5 luglio del 1984 si presentò allo stadio Stadio "San Paolo" gremito di gente di ogni categoria sociale unita da un solo sogno e da un solo nome da urlare a squarciagola: DIEGO. A nessuno importava della valanga di polemiche suscitata dalla cifra enorme per l'epoca che fu sborsata dal Napoli per avere in squadra il campione argentino (circa tredici miliardi di lire), la riscossa tanto sognata aveva finalmente un idolo-condottiero che forse mai Napoli aveva avuto.
Nella prima stagione, però i sogni andarono in gran parte delusi, mal supportato da una squadra di mediocre valore Maradona dimostrò quasi esclusivamente le proprie doti di funambolo ma il suo contributo non poté essere utile per raggiungere grandi traguardi ed infatti il Napoli disputò un girone di andata mediocre e solo nel finale riuscì a raggiungere una tranquilla posizione di centro classifica.
Era chiaro che da solo Diego non avrebbe portato il Napoli a grandi risultati e la società dovette subito correre ai ripari, arrivarono in azzurro giocatori del calibro di Bruno Giordano, Salvatore Bagni e poi Antonio Careca, Andrea Carnevale, Ricardo Alemao ed altri giocatori che in pochi anni diedero ai sostenitori azzurri soddisfazioni enormi:
Il primo scudetto arrivò nel 1987 con Diego condottiero assoluto del Napoli come già lo era stato per l'Argentina nei Campionati Mondiali dell'anno precedente, accompagnato dalla terza Coppa Italia conquistata vincendo tutte le gare, comprese le due finali (3-0 a Napoli e 1-0 a Bergamo) contro l'Atalanta.
La rosa Campione d'Italia comprendeva: Garella, Bruscolotti, Ferrara, Bagni, Ferrario, Renica, Carnevale I, De Napoli, Giordano, Maradona, Romano F., Volpecina, Caffarelli, Sola, Muro, Marino, Bigliardi, Di Fusco; Allenatore: Ottavio Bianchi.
L'anno successivo 1987-88 il Napoli domina il campionato fino alla 20^ giornata, con 5 punti di vantaggio sulla seconda, ma improvvisamente - a dispetto di ogni più scontato pronostico - gli azzurri crollarono facendosi superare dal Milan allenato da Sacchi.
Si sospettò subito di infiltrazioni criminali e di scommesse clandestine, quattro titolari vennero "epurati" ma per i tifosi quel campionato resta ancor oggi come una ferita aperta.
Nel (1989) giunse la prima vera affermazione in campo europeo con la conquista della Coppa Uefa raggiunta eliminando tra le altre, Juventus e Bayern Monaco per poi chiudere con la trionfale doppia finale contro lo Stoccarda (2-1 e 3-3)
La formazione Campione comprendeva: Giuliani, Ferrara, Francini, Corradini, Alemão, Renica, Fusi, De Napoli, Careca, Maradona, Carnevale I; Allenatore: Ottavio Bianchi
Dopo il secondo posto alle spalle dell'Inter dei record allenata da Trapattoni, nel campionato (1988/89), giunse il secondo titolo di Campione d'Italia nella stagione (1989/90) seguito dalla Supercoppa Italiana (1990) ottenuta battendo la Juventus allenata da Maifredi per 5-1 (con le doppiette di Careca e Silenzi).
Si chiude così il primo importante ciclo del Napoli in coincidenza con il declino di Maradona a seguito delle vicende personali che lo costrinsero a lasciare Napoli e l'Italia purtroppo in modo tristemente amaro.
La crisi
Dal 1991, dopo che Maradona lasciò Napoli la squadra si avviò verso un inesorabile declino. Inizialmente il Napoli, anche grazie all'apporto di giocatori del calibro di Gianfranco Zola, Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro, ottenne dei discreti risultati come il 4° posto nella stagione 1991-92, il sesto posto nella stagione 1993-94 e il settimo posto nella stagione 1994-95. Poi a partire dal 1995 con la cessione delle sue stelle (Ferrara andò alla Juventus e Cannavaro al Parma) iniziò il declino.
Nella stagione 1996-97 la formazione azzurra allenata da Gigi Simoni è la vera rivelazione del campionato concludendo il girone d'andata al secondo posto dietro la Juventus poi, nel girone di ritorno, crolla e per poco non retrocede.
Nella stessa stagione arriva alla finale di Coppa Italia che perde contro il Vicenza (1-0 al San Paolo, 0-3 a Vicenza dopo i supplementari). L'anno successivo è disastroso: gli azzurri terminano ultimi in campionato (con solo 14 punti) e retrocedono in serie B, nonostante un'intelaiatura costruita per puntare alla qualificazione alla Coppa Uefa.
Il primo anno in cadetteria è mediocre, la squadra allenata da Renzo Ulivieri, e composta da fuoriclasse ma al viale del tramonto come Igor Shalimov, fallisce il ritorno in A, che avverrà solo l'anno dopo grazie all'allenatore Novellino e agli oltre 20 gol di Stefan Schwoch. Nonostante i meriti e l'affetto dei tifosi però, proprio i due protagonisti del ritorno in A, non ottengono la riconferma e nel successivo campionato il Napoli subisce un'altra retrocessione, nonostante l'arrivo del brasiliano Edmundo, e la presenza in squadra di giovani promettenti come Matuzalem, Amauri, Quiroga e Jankulovski. Nel campionato successivo di serie B il Napoli sfiora la promozione arrivando quinto.
Nella stagione 2002-03 la squadra viene affidata all'allenatore Franco Colomba ma, senza un organico competitivo, anche a causa delle cessioni estive di giocatori importanti come Jankulovski la squadra si ritrova al penultimo posto ed all'esonerato Colomba subentra "Il Professore" Franco Scoglio. Anche grazie a sei nuovi innesti la squadra - agli inizi di febbraio - risale al quintultimo posto ma poi va di nuovo in crisi e Scoglio viene esonerato. In panchina torna Colomba e il Napoli si salverà solo all'ultima giornata di campionato.
Nella stagione 2003-04 la squadra sembra sulla carta in grado di vincere il campionato ma sul campo delude ottenendo un mediocre sedicesimo posto.
Il fallimento e la serie C
Alla crisi di risultati si è aggiunta una crisi finanziaria che ha portato la SSC Napoli al fallimento ed alla perdita del titolo sportivo sostituito dalla "Napoli Soccer", fondata dall'imprenditore Aurelio De Laurentiis. A seguito di tali eventi il Napoli è stato retrocesso d'ufficio in Serie C1.
Nella stagione 2004-05 il Napoli - costretto anche ad una campagna acquisti effettuata in tempi ristretti - termina il girone di andata a due punti dalla zona play-off. Con gli acquisti di calciatori di buon livello come Calaiò, Fontana, Pià e Capparella e con l'esonero del tecnico Ventura (cui subentra Reja), il Napoli arriva terzo alla fine del campionato, ma perde la finale play-off contro l'Avellino, pareggiando 0-0 in casa e perdendo 2-1 ad Avellino.
Il ritorno in B
Nella stagione 2005/06, il Napoli, grazie anche agli acquisti di Iezzo, Maldonado e Bogliacino, ha un ottimo avvio sia in campionato che in Coppa Italia, competizione nella quale viene eliminato solo agli ottavi di finale dalla Roma (prima aveva battuto Pescara, Reggina e Piacenza). Il Napoli riconquista un posto nella serie cadetta con tre giornate d'anticipo sulla fine della stagione regolare con Emanuele Calaiò che si mette in evidenza segnando diciotto reti proponendosi come punta di diamante anche per il futuro del sodalizio partenopeo.
Il presidente Aurelio De Laurentiis per celebrare sia la promozione che l'ottantesimo anniversario della fondazione del Calcio Napoli, ha riacquistato il vecchio titolo sportivo: Società Sportiva Calcio Napoli ed annuncia altre iniziative atte a riproporre Napoli come palcoscenico per grandi avvenimenti calcistici.
L'ultimo atto della stagione è stata la finale di Supercoppa di Serie C1 giocata contro lo Spezia, vincente del Girone A: nella doppia finale ha prevalso la squadra ligure grazie al pareggio esterno per uno a uno e a quello interno per zero a zero.
Dal 23 maggio 2006 la società è tornata alla denominazione Società Sportiva Calcio Napoli, nome che era stato abbandonato a causa del fallimento.