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10.10.05

Permalink 10:04:06, Categorie: ICT, 563 parole   Italian (IT)

Effettori virtuali multipli:applicazioni all'interazione tra uomo e robot

L’utilizzo di robot in ambienti domestici non ha avuto, fino ad oggi, molta fortuna. Gli unici esempi sono i cani cibernetici (Aibo,DogRobot). Ma quali sono le difficoltà che incontrano gli scienziati ( tralasciando i costi ) ?
A differenza del mondo industriale, l’ambiente domestico risulta vario e mutevole: un robot deve essere in grado di salire e scendere scale, non
inciampare nei tappeti né sbattere sui muri e sporgenze, ma anche gli
stessi oggetti possono essere spostati e occorre portare in conto le
persone che girano per la casa.
Non è quindi possibile mappare staticamente l’ambiente per i movimenti del robot. Contemporaneamente il robot dovrà interagire con uomini e dovrà quindi muoversi nel rispetto della sicurezza ( un robot può sviluppare una forza tale da procurare danni alle persone e la stessa modulazione della forza è un parametro di non facile implementazione).
Un robot che lavori in ambienti antropici non potrà operare in maniera statica e predefinita ma dovrà pianificare gli obiettivi in real-time verificando lo status quo momento per momento.
Il metodo dei campi di potenziale assegna un campo ad ogni ostacolo e obiettivo: il robot dovrà agire all’esterno dei campi di potenziale degli ostacoli (campo repulsivo) o essere attratto dal campo dell’obiettivo ( campo attrattivo).
Tutto questo andrebbe bene se schematizzassimo il robot come un punto. Ma un robot ha una propria forma ( peraltro non fissa). Esistono punti della
struttura (sporgenze, motori.) che possono essere pericolosi per un essere umano. La pianificazione delle traiettorie va quindi effettuata
in tutti i punti “critici” della struttura.
Supponendo di lasciare come vincolo principale il conseguimento di un dato compito, esisteranno più vincoli secondari secondo un ordine di priorità. In prima istanza, l’ordine può essere deciso a priori: una volta scelti i VEE, al punto a priorità minore verrà assegnata una certa traiettoria. Una volta tradotta questa traiettoria dallo spazio in tre dimensioni in termini delle variabili di giunto del manipolatore, queste diverranno vincoli secondari per il VEE successivo in termini di priorità (in pratica, grazie alla ridondanza, la soluzione per il secondo VEE si avvicinerà “quanto più è possibile” alla soluzione del primo VEE). Questo si itera fino al punto a priorità maggiore (ossia l’organo terminale che deve eseguire il compito).
Ma non è detto che l’ordine di priorità sia deciso a priori: in casi pratici può essere risolto in real-time. Un obiettivo secondario può divenire primario in caso di necessità: una parte del robot che sta per urtare contro un ostacolo impone un cambio della traiettoria per cui il movimento del manipolatore che agisce sulla sporgenza che potrebbe urtare diventa primario finché non viene superato l’ostacolo.
L’algoritmo di decisione della traiettoria avrà un obiettivo primario ( il lavoro da compiere: l’ arrivo in un punto, il trasporto di un oggetto, etc) e degli obiettivi secondari che regolano i movimenti della struttura robot. Ma come gestire un obiettivo secondario a partire da uno primario o più in generale come gestire un movimento avendo come vincolo un altro
movimento della struttura? Ricercatori dell’Università di Napoli propongono l’utilizzo della ridondanza funzionale.E’ possibile sfruttare la ridondanza per imporre come vincoli secondari traiettorie opportune ad ogni punto critico (effettori virtuali multipli,VEE ) Un manipolatore viene detto funzionalmente ridondante quando possiede un numero n di gradi di mobilità maggiore del numero r di variabili necessarie alla caratterizzazione di un dato compito.

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